venerdì 25 ottobre 2013

You're my happy ending. This is. Because it's my redemption.


Io non dormo quasi un cazzo.

E diffido delle persone che mostrano la propria pancia senza eccessiva reticenza, di chi dice dekstop invece che desktop e di chi cerca istintivamente l'indicazione delle calorie su qualsiasi cosa abbia un'etichetta.

- Sei una rompicazzo. - sentenzia Geneviève con il tono di chi puntualizza l'ovvio.

- Adesso te ne accorgi? - mi limito a ringhiarle di rimando.

Lei mi guarda da sotto le ciglia lunghe e cariche di mascara blu elettrico - che ostenta con orgoglio incurante del fatto di esserselo fottuto dal mio cassetto dei trucchi - e sospira come si fa di fronte ad un cucciolo che abbia fatto pipì sul tappeto.

- Dovresti dormire di più - conclude togliendo dal fuoco il bollitore con l'acqua per il tè - ché se anche il suo nome è francese, lei è pur sempre inglese.

- Dormo fin troppo. E ho troppo poco tempo.

- Per cosa?

- Per tutto.

- Sì, ma per tutto cosa?

Alzo lo sguardo dalla scatola delle bustine di tè nella quale stavo scavando in cerca di un aroma di mio gradimento e la fisso come se mi avesse chiesto qualcosa di molto sconveniente.

- Com'è andata poi con quel tizio dell'altra sera? - le chiedo con l'intenzione cafonissima di cambiare argomento, e possibilmente spostarlo su di lei.

- Chi? Vittorio? - risponde ridendo.

La guardo cercando di rendere esplicito il fatto che non ho idea di come si chiami il tizio che l'altra sera si trascinava barcollante dietro la sua scollatura.

- Naaa, era un coglione. E poi aveva un nome di merda. - mi risponde con un esempio della sua logica inattaccabile.

Io mi limito ad inarcare un sopracciglio facendo uno sforzo per non ricordarle che il suo raffinatissimo nome francese in italiano equivale pur sempre a Genoveffa.

- Ma non mi hai risposto.

- A cosa?

- Cos'è che fai fino alle tre di notte invece di dormire come tutte le persone normali? Per cosa ti serve tutto 'sto tempo?

Io la fisso mentre lei come al solito perde il conto delle zollette che sta mettendo nel tè e mi chiedo se sia il caso di risponderle davvero.

- Cerco di concludere qualcosa di costruttivo.

E' vero.

Non è vero.

Le tolgo di mano il limone perché ci ha già messo il latte, nel tè.

- Lavori già tutto il giorno e fai un sacco di cose, non so cosa pretendi... - risponde da dentro il pacco di biscotti al burro che compro apposta per il numero indecente di calorie.

E allora mi accontento di uscire. Portone che sbatte alle mie spalle, rigorosamente tincerata dietro un paio di occhiali da sole degni di Gaga che non mi stanno bene e che non c'entrano un cazzo con la pioggerella che ha cominciato a scendere, arrampicata sui miei tacchi, appesa a una sigaretta che non ho voglia di fumare.

Mi pianto nelle orecchie degli auricolari che urlano più di quanto sia ragionevole e cammino più veloce di quanto vorrei.

Perché alla fine è solo quello, che pretendo. Di essere portata via.

Non è mica chiedere troppo, no?


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