lunedì 2 dicembre 2013

Forget your running, I will find you

Ma Asia Argento si sta seguendo i Placebo in giro per l'Europa!

*associare a questa esclamazione un tono vagamente stridulo, tra l'incredulo e il palesemente invidioso*

E' una cosa che mi mischia pericolosamente le aree di competenza del fangirling e mi istigherebbe allo shipping se non fosse per la mia naturale predilezione per lo slash.

Per andare con ordine, la scoperta risale a domenica scorsa, a Bologna, quando vagando su internet in attesa di un treno, ho visto che Asia aveva postato su Instagram una foto di Brian fatta dalla transenna


e una foto dei Thank You dietro di lei


Con l'aggiunta di uno scorcio di backstage


Oltre agli ovvi ululati, alla scoperta è seguita anche una buona dose di insulti che mi sono coscienziosamente rivolta perché se non fossi stata così pigra e avessi mosso il culo per distribuire personalmente i Thank You non limitandomi a farli girare, probabilmente l'avrei incontrata.

Qualche ora fa è comparsa questa da Stoccolma


ovviamente sempre transenna.

Ora, ok, non è che proprio si stia facendo tutte le date - degli altri giorni non è comparsa alcuna traccia - però pare stia attraversando un sano periodo di fangirling anche lei e la cosa mi induce a emettere svariati aaaaaawwww (e siccome sto ancora smaltendo la post-gig depression ho  anche ritenuto che fosse una buona idea andare a dirlo in giro).

#ipostutilissimi

 

martedì 26 novembre 2013

There is no law we must obey - Placebo 23.11.2013 Unipol Arena - Bologna

*La proprietaria del blog ha dei seri problemi.

Ne è un chiaro indice il fatto che continui a parlare di sé in terza persona e che stia tentando da un'ora di iniziare il post senza riuscire a scrivere due righe.

Altro segnale rivelatore potrebbe essere la comprovata incapacità di staccarsi da YouTube e dai video dell'altra sera.*

Non avevo mai sentito i Placebo live.

Li seguo praticamente da sempre ma, per un motivo o per l'altro, non ero mai riuscita ad andare ad un loro concerto.

Il che, se si considera il periodo deeply-addicted&obsessed in cui sono risprofondata negli ultimi due-tre anni, amplifica notevolmente le proporzioni dell'evento dell'altra sera, conferendogli i tratti di un avvenimento epocale.

Biglietto comprato a maggio.

Albergo prenotato a giugno.

Treni prenotati a ottobre.

Un improvviso interesse per le condizioni sindacali dei dipendenti FS, ché se per caso saltava fuori uno sciopero il 22 era pronta un'attrezzatura per spedizioni polari per raggiungere la meta eventualmente anche a piedi.

Preparativi sparsi in tutti i mesi di attesa.

Un improvviso interesse per il meteo dell'Emilia Romagna - nonostante la radicata avversione per il concetto di previsioni meteo.

Il merchandise ordinato sul Placebo-store - perché bisogna pur far qualcosa per mitigare l'ansia.

Lo striscione sparpagliato tra Milano e Pisa e ricongiunto all'ultimo.

https://www.facebook.com/photo.php?fbid=10200934201742586&set=a.10200930588012245.1073741849.1392025884&type=1&theater

Il raptus dei cartelli da preparare nell'ultima settimana.

E la pioggia che qui a Torino ha fatto anche finta di diventare neve per un po', giusto per aggiungere un po' di pathos alla faccenda.

Torino-Monza-Milano-Bologna-Casalecchio di Reno.

Siamo in tre.

Sono le 11 del mattino e, nonostante il miei tentativi di negare l'evidenza mascherati da ottimismo, sta piovendo e tira pure un vento gelido.

Davanti all'Unipol ci siamo noi e qualche altro esemplare di fan che si aggira sperduto intorno agli ingressi, probabilmente chiedendosi se sia effettivamente il caso.

Pare ci sia qualcuno che ha dormito in macchina lì davanti.

Il richiamo del cancello senza nessuno davanti è indiscutibilmente forte. Ci si avventura tra le corsie per le code, così, giusto per vedere che effetto fa, ma, tempo di arrivare lì davanti e si sa già che non si mollerà più la posizione neanche in caso di uragano.

Presente il momento in cui i protagonisti si guardano e realizzano di essere fottuti? Ecco, proprio quello lì. Un po' come Bruce Willis in Armageddon, we say our last goodbyes e cerchiamo una posizione tollerabile, compatibilmente col fatto che non ci si può sedere per terra e il vento cambia direzione all'improvviso - il che crea almeno il diversivo del recupero dell'ombrello fuggitivo.

Ad un certo punto, nel grigio brumoso della ridente zona commerciale che si stende intorno all'Unipol si vede sfrecciare un garrulo esemplare di fan a bordo di un carrello dell'Ikea usato come skateboard. Occhi pallati e truccati in perfetto stile panda Molko anni 2000, il tizio è poi scomparso definitivamente dopo qualche passaggio. E non era neanche ancora l'una.

Gente che comincia cauta ad arrivare.

Strane configurazioni di ombrelli - che tanto avrai sempre un rivolo che ti cola a tradimento su una zona non protetta.



I sacchi di nylon per avvolgere il contenuto della borsa - dopo gli studi Rai di settembre pare stia diventando una specie di tradizione che quando c'è il Molko in circolazione io mi munisca di sacchi di nylon anti-pioggia.

Il centro commerciale che diventa improvvisamente il posto più bello in cui si sia mai messo piede, quando tra l'una e le due ci si alterna a gruppetti per nutririsi e recuperare l'uso degli arti inferiori pur senza mollare il presidio.

I bagarini piazzati davanti alle biglietterie ancora chiuse. Se non fosse che la pioggia ha notevolmente fiaccato la mia indole di paparazzo, li avrei anche immortalati.

La voce di Brian che all'improvviso risuona sotto la pioggia mentre dentro stanno provando Too Many Friends - e a questo punto, se fossi una fan modello, dovrei dilungarmi su come, per effetto della voce di Brian, improvvisamente il freddo e la pioggia siano spariti di colpo ma no, non sono una fan modello e continua a fare un freddo cane.

Tizi dell'Unipol che ogni tanto si aggirano in prossimità dei cancelli e che vengono immancabilmente bersagliati di domande sull'effettivo orario di apertura - che, altrettanto immancabilmente, cambia tutte le volte.

Tristi tentativi di depistaggio da parte di alcuni esemplari di sedicenti fan geneticamente progettati per tentare di neutralizzare la loro stessa specie tramite l'originalissimo espediente del "ma-voi-siete-in-coda-dalla-parte-sbagliata-quella-giusta-è-di-là-(=dietro di loro)" #gentechemeritaunamortedolorosa.

Il pomeriggio passa più in fretta perché c'è l'obiettivo dell'apertura delle biglietterie.

Il biglietto finalmente tra le zampe (ma perché diavolo SeeTickets si ostina a stampare cuori a caso sui biglietti? vabbè) e il momento in cui d'improvviso si realizza che ohccazzo-ma-stiamo-per-vedere-i-Placebooooo!! - ché fino a quel momento mica ti è ancora chiaro il motivo per cui ti stai sottoponendo a tutto ciò.

Chiacchiere, cazzate, qualcuno che canta qualcosa, ma controllano le borse? ma le bottiglie possono entrare? e gli ombrelli? Gente che, nel dubbio, si disfa di qualunque cosa, perché ormai c'è la polizia e ci sono gli Unipol-Men fissi ai cancelli, il che vuol dire che ormai ci siamo.

Aprite insieme i due cancelli del parterre? Sì sì. Cosa che per poco non è andata esattamente così ma fa lo stesso, lo scarto non è stato poi determinante.

Aprono.

Biglietto proteso in avanti.

Borsa aperta praticamente lanciata sotto il naso di un poliziotto.

Hai degli accendini? Non si possono portare gli accendini.

Ma che cazzo di domanda è?

Sì, ho degli accendini, due per l'esattezza e no, non glielo dico. Se veramente spera di riuscire a trovare qualcosa di piccolo nel caos di quella borsa è un ottimista come me per la pioggia. E se vuole davvero controllare sono pronta a regalargli la borsa con tutto il contenuto.

Mi assicuro che non voglia sapere altro e bon, comincio a correre.

Corro. Ché non conta un cazzo se sei stato otto ore attaccato al cancello in primissima fila se poi ti passano tutti davanti (sopra) nel tragitto tra il cancello e il palco.

Corro. Io che ho sempre sostenuto - e sostengo tuttora - con orgoglio di non essere in grado di correre neanche per salvarmi la vita. Io che odio correre e che mi sopporterò mesi di prese per il culo perché solo il Molko poteva riuscire a farmi correre.

Corro e riesco per qualche strana congiunzione astrale a non ammazzarmi giù dalle scale - penso vagamente che sembra di stare in un cazzo di hunger game.

Corro e punto la giacca della socia che si è lanciata in avanti poco prima di me. Non vedo neanche il palco. Vedo dov'è lei e basta, al resto ci penso poi. Sperimento un barlume di spirito agonistico a me sconosciuto quando un tizio mi supera sulla destra ma o corro o ringhio, fiato per fare tutte e due le cose non ce l'ho.

Corro e arrivo. Transenna.

Transenna centrata Stef. Sono morta. Prima volta. Morirò altre svariate volte nel corso della serata.

Alla fine hanno aperto alle 7, il che vuol dire che non c'è poi molto da aspettare. Birra, per prima cosa. Poi. Creazione di una configurazione che permetta possibilmente di togliersi un po' di strati di dosso ma di mantenere le mani libere, il tutto senza devolvere cellulare, chiavi e macchina fotografica alla causa. Sulle tribune si sta assemblando lo striscione e noi si comincia a distribuire i cartelli con la scritta THANK YOU da tirar su alla fine di Teenage Angst.

Nonostante i miei timori, i fan si dimostrano docili e collaborativi - una volta prese le posizioni si torna incredibilmente ad essere tutti amici - e i cartelli si sparpagliano in fretta.

Palco allestito per gli opener, i Toy.

Passa un Unipol-Man che per qualche motivo dice no, no, non vi alzate ancora. Il che ha come conseguenza inevitabile che tutti si alzano.

Le dinamiche della massa sono affascinanti.

Mi sistemo sulla transenna. Mi ci abbarbico. Familiarizzo con quei centimetri di metallo a cui penso da mesi e che in quel momento sono il posto più bello in cui sia mai stata.

Arrivano i Toy sui quali mi ero brevemente documentata nei mesi scorsi e, davvero, non sono affatto male. Resta da capire quanto abbia inciso nella scelta il fatto che Tom Dougall sembri un piccolo Molko per quel che riguarda trucco, capelli e movenze. Esiste dunque una soglia minima di molkitudine necessaria per essere presi in considerazione come opener? Argomento da approfondire.

Già sull'ultimo pezzo dei Toy io comincio stranamente a scollegarmi.

Qualche ragazza portata via dallo staff, causa malore - senza nulla togliere al Placebo-effect continuo a pensare che il passaggio al caldo e alla folla dopo otto ore di freddo possa aver giocato il suo ruolo.

Io mi spengo per un attimo e il momento dopo mi prende il panico. Non ho la più vaga idea del perché ma il meccanismo è stato un po' oddio-arrivano-davvero-ho-paura-vado-via.

Suppongo si chiami emotività devastata.

In ogni caso non potrei muovermi neanche volendo perché ormai sono definitivamente incastrata.

Le solite foto al palco vuoto e ai tecnici.

In alto si vede il telo semitrasparente che scenderà davanti a Brian e soci su alcune delle canzoni e che non piace particolarmente a nessuno. L'ennesimo capriccio della diva Molko che polemizza per l'eccessivo paparazzamento da cellulare, ma alla fine va bene lo stesso.

Buio. Parte la base di B3 e io per poco non mi perdo l'entrata perché un enorme tizio dello staff stava tirando via l'ennesima fanciulla accasciata proprio sopra la mia testa.

Steve arriva saltellante come sempre.

Stef si sta sempre più molkizzando perché entra quasi senza salutare come insegna il frontman.

Brian arriva praticamente insieme a lui e questo fa sì che quei pochi neuroni che ero riuscita ancora a mantenere in vita collassino miseramente.

Brian.

Brian che ho visto miliardi di volte su un palco.

Brian che so esattamente come si muove, di cui conosco i dettagli di ogni singolo gesto.

Brian che si tira indietro i capelli col mignolo (che tra l'altro è una cosa scomodissima).

Brian che si fa mettere il microfono ancora più basso del necessario e poi ci si contorce sotto.

Brian che palesemente ha una filosofia tutta sua per quel che riguarda il microfono.

Brian che dopo tre canzoni è già sudato come se avesse corso per tre ore sotto il sole e io che vedo una goccia di sudore che cade dai suoi capelli in una coincidenza degna dei migliori screenshot.

Brian che è veramente preso benissimo e lo si capisce da come scandisce in modo ancora più marcato. Già dall'espressione aristocraticamente infastidita sui dilettants di B3.

Brian che ringrazia in italiano.

Brian che ha un paio di stivali nuovi, marroni, come la cintura, pantaloni, camicia e gilet neri.

Brian che ha cambiato leggermente il testo di B3 anche se non è ancora ben chiaro il motivo.

Brian che urla e la sua voce che è perfetta, pulita, esattamente quella che ho nelle orecchie tutti i santi giorni.


Stef è esattamente davanti a me ed è ormai chiaro ai più che si sta creando un secondo frontman. Dall'epoca Battle in poi Stef è praticamente impossibile da ignorare. Che sia una tecnica concordata per compensare il fatto che Brian gira sempre di meno sul palco? mah. Resta il fatto che la cosa non dispiace.


For What It's Worth è in effetti un po' inutile ma d'altronde lo era pure B3, ma questi erano i discorsi prima di essere lì. Adesso questa è la migliore setlist al mondo.

Loud Like Love dal vivo mantiene tutte le sue promesse. E' fatta per essere urlata, per saltare, per mandare via qualsiasi altra cosa.

Twenty Years, che ormai non la toglieranno più finché non saranno ufficialmente passati i loro vent'anni e che, con l'arrangiamento che hanno messo a punto, è ancora meglio che in originale.

Quando parte l'attacco di Every You Every Me...ecco, lì penso sia la seconda volta che sono morta. Come realizzare di nuovo la realtà di tutto quanto. Qualcosa che ha a che fare con tempi che si mescolano e passato che si comprime per arrivare esattamente qui e adesso. E Brian che arriva dal nostro lato sulla chiusura. E il sorriso.

Too Many Friends e il suo computer pensante che l'abbiamo urlato veramente in dodicimila, nessuno escluso.

Scene Of The Crime e la concentrazione per non sbagliare a battere le mani. Occhi fissi su quelle di Stef, che però ha un ritmo un po' strano e dopo un po' mi perdo comunque. Per colpa delle mani di Stef.

A Million Little Pieces sempre dietro il sipario trasparente calato prima su Scene. Non è che non ci si veda attraverso, solo che funziona se si sta esattamente davanti perché a guardare di lato si vede effettivamente maluccio.

Speak In Tongues, seconda superstite di Battle, bella, con quella parte finale in crescendo e il telo che si ritira su proprio prima di don't let them have their way.

Rob The Bank, che forse non sarà il massimo come testo ma è divertente e dal vivo rende bene. E l'espressione schifata di Brian su pick your nose. E il pezzo studiato apposta per far battere le mani sulla batteria di Steve.

Purify e like a fallen angel che più acuto e più femminile di così non poteva venirgli.

Space Monkey e il telo che cala di nuovo (e a momenti prende in testa uno dello staff). E io che non ci posso credere che l'abbiano di nuovo inserita in setlist dopo tutto il tempo che è passato. Space Monkey che non l'ho ancora capita del tutto adesso, ma che ho sempre amato tantissimo. Space Monkey sulla quale ho urlato veramente come se non ci fosse un domani.

Blind, sempre dietro la tenda. Altra chicca, altro brano meraviglioso che non si sentiva live da un po'. La mania che gli è presa a Brian di alzare i toni alla fine, a differenza che nell'originale. Anche se poi il risultato è ottimo lo stesso.

Exit Wounds, la mia preferita dell'ultimo album. Avevo un po' di timore perché qualche data fa, non mi ricordo esattamente quando, non era venuta un granché, ma fortunatamente è stata perfetta.

Meds, sempre col solito arrangiamento live, le ondate di pogo e la pausa prima dell'ultimo forget, con gli occhi di Brian che vagano inquisitori sulla folla, come a voler controllare se c'è qualcuno che non urla abbastanza.

Song To Say Goodbye e un arrivederci in italiano infilato alla fine. E Brian in punta di piedi sulla seconda strofa (che poi perché? boh, però ormai lo fa quasi sempre) e la voice that made all of us cry.

Special K, di nuovo dietro il telo. Pogo. Tanto pogo. Ad un certo punto non respiro per un po' e comincio a fare mentalmente il check di quanti organi vitali sento minacciati in quel momento.

Bitter End e il mondo che viene giù. Intro con Stef che dirige le urla come un direttore d'orchestra dalle movenze sinuose.

Prima uscita. Inchino di Brian.

Rientrano dopo pochissimo.

Teenage Angst, con il nuovo arrangiamento che ci sta decisamente meglio di quello saltellante che si ostinavano a fare fino allo scorso tour. E i cartelli THANK YOU tirati su alla fine. Tanti. Più di quello che mi aspettavo. Brian che ringrazia, Stef che mostra segni di affetto. Non dico che a momenti mi ci metto a piangere perché altrimenti dovrei dire anche di tutte le altre volte.

https://www.facebook.com/photo.php?fbid=182236788647678&set=a.158694051001952.1073741835.108977365973621&type=1&theater

Running Up That Hill, con lo sguardo in alto che grida screenshot da tutte le parti.

Post Blue, che è la mia, anche se forse non ho ancora capito bene il perché, ma che è la mia e basta. E che molti vorrebbero togliere dalla setlist e dall'encore ma che io spero non tocchino mai.

Infra Red in chiusura come al solito. Brian energico fino alla fine che a un certo punto zompa come ai vecchi tempi. E che si mette ad armeggiare con la pedana sotto il microfono anche se ormai hanno praticamente finito tutti di suonare.

Steve che lancia le bacchette e la tipa di fianco a me che cerca di staccarmi un braccio, anche se siamo palesemente tutte e due fuori traiettoria.

Steve che lancia anche le sue scarpe e, se non avesse paura di venire cazziato, probabilmente lancerebbe davvero anche la cintura.

Brian che ritorna davanti a noi per ringraziare, con i suoi modi orientali che mi starebbero sul culo in chiunque altro ma tanto con lui mi si azzera qualsiasi capacità di critica.

Fiona che viene avanti, si allinea agli altri per l'inchino finale ma Brian è ancora impegnato a ringraziare, inchinarsi e non si sa bene cos'altro, con il risultato che si crea per un attimo una perfetta sintesi di quello che deve voler dire vivere nei Placebo: tutta la band che aspetta mentre Brian si fa i cazzi suoi.



Arriva. Afferra la mano di Stef (che non è un momento molsdal, lo so, ma se qualcuno ce lo vuole vedere non dispiace in ogni caso, visto che comunque durante tutto il concerto se ne può rintracciare solo un altro e molto vago #lecosecheunopotrebbeanchenondire). Inchini. L'urlo di Brian. Le punte dei suoi stivali che spuntano fuori dal palco.

E i momenti sparsi che mi arrivano come flash, all'improvviso. Brian che a un certo punto si butta all'indietro e rimane così per un attimo.

Fiona che balla su Post Blue.

Stef che si sporge e urla verso di noi.

Stef con il pugno sul cuore, quando ci ringrazia.

Brian che si asciuga il sudore dal viso con un asciugamano, ma senza sfregare, che sennò viene via il trucco.

E il bicchierone del suo solito intruglio salva-voce, che ora ha anche Stef - lo dicevo io che si sta tramutando in un frontman.

Concerto fantastico. Perfetto in ogni dettaglio. L'ovvia considerazione cazzo-ma-sono-proprio-bravi-dal-vivo! che non ha davvero nessun senso farla, ma alla fine viene fuori lo stesso.

La consapevolezza che hanno ancora tanto da dire. E l'onestà con cui riescono a dirlo. Le parole di Brian. Le parole che ti arrivano dritte al centro di qualcosa che avresti voluto esprimere senza trovare il modo. La verità dolorosa, sotto gli atteggiamenti da diva, sotto il trucco, dietro gli occhiali scuri. La verità lucida e senza compromessi.

Grande esperienza, davvero. Ho male dappertutto, sono in piena depressione post-concerto e non penso che nulla avrà mai più senso nella mia vita. Non potevo chiedere di meglio.

Ora non mi resta che monitorare in attesa delle date estive.

[Per le foto di Brian che ringrazia non ho trovato l'autore. Si accettano segnalazioni al riguardo]


giovedì 21 novembre 2013

'Cause I'm in a race and I'm doing fine, THANK YOU.

E' talmente tanto che aspetto di andare a sentire i Placebo dal vivo che il mio inconscio si è ormai convinto che aspettare sia l'attività in sè.

Il che però non mi impedisce di dedicarmi ai preparativi.


Dopo accurate riflessioni si è dell'idea che il messaggio possa essere abbastanza innocuo per non irritare sua Molkità.

Attualmente da queste parti si è a quota 600 copie. Sperando che la pioggia non ostacoli eccessivamente la distribuzione e non fiacchi gli animi (e le difese immunitarie) dei volenterosi fan.

mercoledì 6 novembre 2013

Suicide Blonde

Non potevo esimermi dal postare questo tragico esempio di totale annullamento del più elementare istinto di autoconservazione che ha colpito il povero Dom.
Davvero, non si può guardare!!!
Poi, vabbè, lo si guarda lo stesso eh, però...





Questa invece è solo per non far torto a nessuno...e poi perché la apro e mi mette di buonumore.


Bisogna dir due parole a Chris, che vabbè che è già pieno di pargoli da gurdare, ma un'occhiata a quei due prima di mandarli in giro potrebbe anche dargliela.

Prossima settimana dovrei riuscire ad andare a vedere il film della data Muse allo Stadio Olimpico di Roma - che visto che me la sono persa dal vivo mi sembra il minimo per la mia coscienza.
Se sarò in vena potrei persino fare una review del concerto su grande schermo...così, visto che non se ne può più di sentire interviste di Brian...
*inserire grassa risata preregistrata*

venerdì 25 ottobre 2013

You're my happy ending. This is. Because it's my redemption.


Io non dormo quasi un cazzo.

E diffido delle persone che mostrano la propria pancia senza eccessiva reticenza, di chi dice dekstop invece che desktop e di chi cerca istintivamente l'indicazione delle calorie su qualsiasi cosa abbia un'etichetta.

- Sei una rompicazzo. - sentenzia Geneviève con il tono di chi puntualizza l'ovvio.

- Adesso te ne accorgi? - mi limito a ringhiarle di rimando.

Lei mi guarda da sotto le ciglia lunghe e cariche di mascara blu elettrico - che ostenta con orgoglio incurante del fatto di esserselo fottuto dal mio cassetto dei trucchi - e sospira come si fa di fronte ad un cucciolo che abbia fatto pipì sul tappeto.

- Dovresti dormire di più - conclude togliendo dal fuoco il bollitore con l'acqua per il tè - ché se anche il suo nome è francese, lei è pur sempre inglese.

- Dormo fin troppo. E ho troppo poco tempo.

- Per cosa?

- Per tutto.

- Sì, ma per tutto cosa?

Alzo lo sguardo dalla scatola delle bustine di tè nella quale stavo scavando in cerca di un aroma di mio gradimento e la fisso come se mi avesse chiesto qualcosa di molto sconveniente.

- Com'è andata poi con quel tizio dell'altra sera? - le chiedo con l'intenzione cafonissima di cambiare argomento, e possibilmente spostarlo su di lei.

- Chi? Vittorio? - risponde ridendo.

La guardo cercando di rendere esplicito il fatto che non ho idea di come si chiami il tizio che l'altra sera si trascinava barcollante dietro la sua scollatura.

- Naaa, era un coglione. E poi aveva un nome di merda. - mi risponde con un esempio della sua logica inattaccabile.

Io mi limito ad inarcare un sopracciglio facendo uno sforzo per non ricordarle che il suo raffinatissimo nome francese in italiano equivale pur sempre a Genoveffa.

- Ma non mi hai risposto.

- A cosa?

- Cos'è che fai fino alle tre di notte invece di dormire come tutte le persone normali? Per cosa ti serve tutto 'sto tempo?

Io la fisso mentre lei come al solito perde il conto delle zollette che sta mettendo nel tè e mi chiedo se sia il caso di risponderle davvero.

- Cerco di concludere qualcosa di costruttivo.

E' vero.

Non è vero.

Le tolgo di mano il limone perché ci ha già messo il latte, nel tè.

- Lavori già tutto il giorno e fai un sacco di cose, non so cosa pretendi... - risponde da dentro il pacco di biscotti al burro che compro apposta per il numero indecente di calorie.

E allora mi accontento di uscire. Portone che sbatte alle mie spalle, rigorosamente tincerata dietro un paio di occhiali da sole degni di Gaga che non mi stanno bene e che non c'entrano un cazzo con la pioggerella che ha cominciato a scendere, arrampicata sui miei tacchi, appesa a una sigaretta che non ho voglia di fumare.

Mi pianto nelle orecchie degli auricolari che urlano più di quanto sia ragionevole e cammino più veloce di quanto vorrei.

Perché alla fine è solo quello, che pretendo. Di essere portata via.

Non è mica chiedere troppo, no?


mercoledì 16 ottobre 2013

Passionfloweeeeeeer


Vabbè, dai, su qualcosa ci ho anche preso.
Solo, proprio non mi aspettavo che aprissero con B3.
A dire la verità me l'ero proprio dimenticata, B3.
Resta da capire se hanno deciso di aprire così perché negli States quella non l'avevano mai suonata, il che non è del tutto improbabile.
Sinceramente trovo uno spreco avere un pezzo come Loud Like Love e non usarlo come apertura.
Confido in un cambiamento quanto meno dell'ordine della setlist per le date europee - che mi sa che B3 ormai l'hanno ripassata e quindi ce la teniamo per tutto il tour.
Poi, ok mi han messo Breathe Underwater, ma perché lenta? Perché? Che ci sta così bene a velocità normale?
20 Years è un'altra della cui esistenza mi ero completamente dimenticata ed è un'altra di quelle che non mi hanno mai detto granché ma pazienza, ci sta anche.
Hanno lasciato Post Blue e questo è un bene, così come han levato Bright Lights e Kitty Litter, bravi ragazzi.
Scelta un po' fiacchetta su For What It's Worth come secondo pezzo.
Gioisco per Bitter End e ovviamente per i grandi classici.
Mi dispero per la prematura scomparsa di Blind. Ma cazzo, devo davvero farmi un festival in Corea per riuscire a sentirla live?!
Che dire, non è una brutta setlist, per carità, solo è un tantino banale. La chiusa con Teenage, Running e Infra-Red (ma perché gli piace tanto Infra Red?! bah) e veramente la cosa più scontata che potevano fare.
Uh ma che fan noiosa che sono stamattina, vero? 
Probabilmente è perché è mattina. Non dovrei mai permettere a me stessa di esprimermi prima delle 11. 
Qui
trovate tante belle foto.
Sì, sì, i capelli andavano bene. Devo ancora verificare il trucco.
*si appropinqua allo schermo con fare indagatore*







E devo anche recuperare materiale sull'apertura con Jesca Hoop, dato che pare che abbiano anche suonato insieme.
In effetti, al di là delle mie lamentazioni, dev'essere stata proprio una bella cosa.


martedì 15 ottobre 2013

(My) Special Needs

Nel giro di questa settimana dovrebbero venirmi recapitati i miei incauti e incontrovertibilmente non necessari acquisti effettuati in giro per lo store di Placeboworld.
Così potrò ufficialmente andare in giro solo più con roba delle tre dive addosso, almeno fino al 23 novembre, perché poi cadrò in depressione post concerto e non uscirò più di casa.
Trascuro volutamente il fatto che la maggior parte delle cose ordinate siano delle t-shirt e che la temperatura ormai si aggiri intorno agli 8 gradi, confidando nell'intramontabile classico nerd della manica lunga sotto, che tanto si concia così pure il Molko quindi chi sono io per dissentire.
Ciò detto, oggi sono in modalità più misantropa del solito e riflettevo a caso su quante cose possono darmi fastidio contemporaneamente.
Obiettivamente tante.
Vi risparmio l'elenco perché non voglio far diventare questo un hate post.
Stasera - stanotte per la verità - prima data Placebo post uscita dell'album. Sono a New York.
Presente il cartone che davano sempre negli anni Novanta? Fievel sbarca in America? Ecco, ora tocca alle tre dive che, sarà per una questione di principio o sarà che Steve è californiano, ma per la prima volta dai tempi di Meds ci riprovano seriamente.
*voce maligna che si insinua in sottofondo* - ora si capisce perchè hanno preso Steve, era tutto un piano arichitettato dal Molko per sbarcare oltreocenano. Fine stratega.
O era tutta una scusa per arrivare a Los Angeles e riuscire finalmente a stalkerare Ellis? - come giustamente mi suggeriva la socia qualche sera fa.
Si accettano ipotesi alternative.
No, a parte tutto, quel che maggiormente mi preme vedere di stasera è ovviamente se Brian è truccato la setlist.
Che di Loud Like Love si sa già che faranno tutto tranne Hold On To Me e Bosco perché troppo personali.
Parentesi - ok, sì, Bosco ci sta che sia troppo personale e il Molko non la voglia fare live perché ormai è tutto preso da questa sua nuova versione matura e controllata e non può rischiare di commuoversi sul palco, ma Hold On non mi sembra poi così inadatta; sì, c'è il parlato alla fine ma potrebbero anche tagliarlo. Per dire, A Million è di gran lunga più dolorosa. Chiusa parentesi.
Dicevo, di LLL si sa già. Brani come Song To Say Goodbye e Every You Every Me non penso che li toglieranno mai, e siamo a 10, quindi più o meno a metà.
Le mie esigenze sono
- che non tolgano Post Blue (che mi offendo)
- che tolgano Kitty Litter (che ha rotto il cazzo)
- che tolgano Bright Lights (che a me in realtà non turba più di tanto ma mi fa incazzare la socia)
- che riesumino qualche cosa di veramente vecchio e che non fanno live da un po' - non mi metto neanche a vagheggiare cose palesemente impossibili come My Sweet Prince o Lady Of The Flowers che tanto non le faranno mai, ma qualcosa di più di Teenage Angst? Riflettevo stamattina che per esempio Burger Queen potrebbero farla, checcazzo. Oltre ad essere una cosa meravigliosa, non dovrebbe avere neanche troppe ripercussioni sulla psiche del Molko. No?
*si aspetta qualche cenno di conferma e/o incoraggiamento*
- che lascino Blind, visto che era ricomparsa quest'estate e che live è sempre una di quelle cose che ti ammazzano (e il fan dei Placebo ha intrinsecamente bisogno di farsi del male sennò non è contento)
- che rimettano Julien, o almeno Breathe Underwater da Battle, o anche proprio Battle for the Sun che a me è sempre piaciuta
- che lascino Meds
Poi, già che chiediamo, chiediamo tutto, come diceva quella santa donna di Cher nelle Streghe di Eastwick
- che Brian sia truccato
- che i suoi capelli non siano troppo lunghi
- che si muova un po' sul palco
- che faccia Exit Wounds con gli occhi aperti
- che molesti in qualche modo Stef

La lista è aperta - qualunque suggerimento è ben accetto.

La setlist che sarebbe figo facessero
(mantenendo una soglia minima di plausibilità ed evitando cose come Pure Morning)
*sospira sconsolata*

Intro (quella fighissima che han fatto in Corea mezza Sigùr Ròs)
Loud Like Love
Scene of the Crime
Too Many Friends
Blind
A Million Little Pieces
Rob the Bank
Purify
Black Eyed
Exit Wounds
Begin the End
Meds
Nancy Boy
Julien
Breathe Underwater
Bitter End
Burger Queen
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Where is My Mind
(ma anche All Apologies che mi piacerebbe vederla dal vivo la faccia che fa su everyone is gay)
Protect Me
Post Blue
Every You Every Me
Song To Say Goodbye

La setlist che invece faranno

Loud Like Love
Scene of the Crime
Too Many Friends
Blind
A Million Little Pieces
Bionic
Rob the Bank
Purify
Every You Every Me
Exit Wounds
Neverending Why
Begin the End
Meds
Teenage Angst
Bright Lights
Special Needs
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Special K
Running Up That Hill
Post Blue (mi rifiuto di toglierla)
Song To Say Goodbye
Infra Red

Se non altro per quel che riguarda trucco e capelli le foto che arrivano sono incoraggianti.



martedì 8 ottobre 2013

Put me in the ground

- Brian, davvero, è la cosa più stupida che abbia mai sentito.
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- Brian, cazzo, dove sei finito?

Stef si alza dal divano senza avere la minima voglia di farlo e comincia a vagare per casa cercando di individuare la sagoma di Brian nella penombra del tardo pomeriggio. E' novembre, è Londra, e le giornate sono ormai corte, fredde e inadatte a tutto.

Lo trova in cucina, seduto al tavolo, di fronte ad uno dei suoi soliti intrugli di tè, zenzero e chissà cos'altro ci mette dentro per evitare che la sua voce risenta eccessivamente delle troppe sigarette che continua a fumare.

Non ha acceso la luce e se ne sta lì, quasi al buio, senza guardare niente in particolare, senza fare niente.

mercoledì 2 ottobre 2013

I won't last another day


Sto seriamente ripensando alla mia vita in termini di prima e dopo aver incontrato Brian Molko.

Dovrei lavorare, ma il mio cervello non ne vuole sapere.

Dovrei volere più bene alla mia vita, keep a light on those you love diceva anni fa Tom Smith e aveva ragione, ma ci sono quei giorni in cui proprio no e basta.

Dovrei fare un sacco di cose che non sono in grado di fare.

Che poi, capiamoci, sono felice, felice e strafelice. Ma sono anche disperata. Non fa una piega, no?

Voglio parlare di questa cosa ma ci sto girando intorno perché comunque la metta viene fuori un quintale e mezzo di banalità, cliché e sinonimi vari.

Ringraziamo il buon cuore di Virgin che mentre scrivo mi ha messo su Panic Station d'emergenza per tirarmi via un sorriso in base al sano principio dei riflessi condizionati.

Domenica 29 settembre i Placebo sono andati a Quelli che il Calcio.

Domenica 29 settembre io sono andata a Milano a bazzicare in cerchi concentrici sempre più ristretti intorno agli studi Rai.

Domenica 29 settembre doveva piovere ma non ha piovuto. Doveva fare freddo ma si stava bene. Il cielo era coperto, i tram bloccati per il passaggio di una maratona e io avevo al polso un orologio che avanzava di mezz'ora ogni due ore col risultato che pensavo di aver perso un treno che invece doveva ancora arrivare.

Arrivano due Mercedes V6 con i vetri oscurati. Arrivano come arrivano tutti i mezzi a quattro ruote di questo mondo. Gomme su asfalto. Metallo. Oggetti fisici in una realtà fisica. Mezzi meccanici che portano persone. Solo persone, come tutte le altre su questo pianeta, né più né meno.

Una di queste persone scende ed è alta poco meno di due metri.

Gli dei benedicano l'altezza di Stef - e la sua visibilità.

Sono loro?

Sono loro.

Credo che fossero le 11.30 di mattina - gli orari sono a discrezione del mio orologio - e lì intorno eravamo tipo in quattro o poco più.

Vedo Brian per la prima volta dal vivo.

Momento di pausa per realizzare questa cosa.

Vedo Brian per la prima volta dal vivo. Dopo diciassette anni.

Credo che stia per entrare ma due ragazze lo chiamano e lui si ferma.

Mi avvicino. Sono di fianco a lui. A pochi centimetri da lui. E' poco più alto di me. E ha tre chili di fondotinta in faccia. Occhiali da sole - che non toglierà neanche un minuto - total black, giacca smocking - anche se i risvolti di raso li ho notati solo al quarto passaggio - una piccola tracolla rettangolare, stivaletti.

Sono di fianco a lui che sta aspettando una penna dalle altre ragazze per poter firmare i cd che gli porgono. La ragazza di fronte sta sprofondando nella sua borsa in cerca della penna. Brian si gira verso di me, vede il pennarello che ho in mano e me lo prende. Firma i cd alle due ragazze. Non so cosa abbiano detto ma lui dice solo please don't beg. Poi si gira e mi firma la mia copia di LLL. Intanto è arrivata la socia - can you sign...? yes, with pleasure

Eccheccazzo Brian, però anche tu, scegliere un altra parola?!

Fughiamo ogni dubbio, avere il Molko che ti scandisce - ché lui non parla, scandisce -  pleasure a dieci centimetri crea problemi, non ci sono cazzi.

Che poi la sua faccia fosse più da scazzo che da pleasure è un altro discorso ma vabbè.

E ovviamente è anche la prima volta che sento la sua voce dal vivo. E non c'è neanche il filtro di un microfono.

La voce che ha accompagnato alcune delle fasi più importanti della mia vita.

Sta arrivando il quintale di banalità, io vi ho avvisato.

Sono a pochi centimetri dalla persona che quando avevo sedici anni cantava Nancy Boy e mi diceva esattamente quello che avevo bisogno di sentimi dire e cioè che non stavo facendo niente di male. Che non ero per forza sbagliata.

Non c'è altro modo di metterla. Poi a sedici anni hai una percezione distorta e amplificata di un sacco di cose, se non proprio di tutto, ma non è importante. L'importante è che in quel momento sapevo che da qualche altra parte in giro per l'Europa c'era un ragazzino vestito da donna che se ne fotteva del fatto che a qualcuno potesse non stare bene quello che lui era.

Niente che non sia successo a miliardi di altri adolescenti. Niente di nuovo. Forse niente di speciale, visto da fuori. Ma la realtà è che ci sono cose che ti salvano la vita, e a volte sono le parole degli altri, qualunque sia il mezzo con cui ti arrivano.

Penso spesso che in certi momenti non ce l'avrei fatta senza i miei libri e la mia musica. E tutto sommato non penso che sia una brutta cosa.

Stef e Steve erano già entrati ma escono di nuovo. Firme, saluti.

Prima della fine del programma, in totale sono passati quattro volte perché sono anche usciti per andare a pranzo (si nutrono! sono effettivamente umani! - inserire LOL a piacere), e tutte le volte si sono fermati. Io pensavo di esser stata troppo ottimista a portarmi dietro tre cd ma son riuscita ad avere tutto firmato e senza alcuno sforzo, compresa la mia copia cd+dvd di Meds, anche se mi manca la firma di Stef. E il tutto senza particolari affanni perché si era in pochi e tutti discretamente tranquilli.

In totale eravamo una decina di persone ed è stato uno di quei momenti in cui ho avuto improvvisi slanci d'affetto per il fandom perché nessuno ha fatto cose stupide, nessuno è stato importuno. Brian non voleva foto e bene o male nessuno ha insistito più di tanto. Solo Fiona e Steve hanno fatto qualche scatto con i fan.

E qui devo aprire una parentesi su Steve Forrest prima di perdermi del tutto negli sproloqui sugli effetti della prossimità di Brian.

Steve Forrest mi è sempre stato simpatico, questo va detto. Ovviamente piansi le giuste lacrime del fan quando Hewitt se ne andò e per molte cose continuo ad averne nostalgia, ma non ho mai nutrito del rancore verso Forrest per averne preso il posto. Tutt'al più ho nutrito dubbi sul futuro della band. Steve F. mi ha sempre fatto anche molta tenerezza perché finire di colpo in mezzo ad una dinamica relazionale come quella Brian-Stef non dev'essere una cosa facile. E' un terreno nel quale non oserei mai avventurarmi.

Ciononostante non ho mai neanche avuto particolari entusiasmi. Fino all'altro giorno. Giuro, fa scassare dal ridere avere a che fare con lui. E' una bestia da fan. Chiacchiera, ride, scherza, viene fuori e ti chiede come va; tanto gli altri due mettono soggezione quanto con Steve risulta facile interagire perché ti ci senti subito a tuo agio. E' veramente un grande. A un certo punto si è perso dietro una chiwawa dal collare rosa. E mi ha morsicato e sbavato il tappo del pennarello.

*annuisce convinta che queste affermazioni siano di per sé grandemente esplicative*

Fine della parentesi Forrest.

Altra meravigliosa creatura è Fiona, che da vicino è bella quanto in video. Non sono le luci, non sono le telecamere, non è il trucco. E' bella. Fine. Ed è dolcissima.

Stef. Ecco, Stef è ufficialmente la persona più alta di fianco a cui io mi sia mai trovata. Lo guardavo intanto che mi stava firmando Battle e seriamente temevo per la mia cervicale.

Poi, mi dispiace un po' che in realtà Stef l'ho considerato pochissimo ma, davvero, quando c'è il Molko in circolazione non si può considerare nient'altro. E non è un problema solo mio. E' un catalizzatore naturale di attenzione. Esige di essere guardato. E' una cazzo di diva fin nel midollo.

Poi vabbé, io probabilmente ero un buffo spettacolo perché la situazione era più o meno:

- pre-uscita

dobbiamo puntare Stef, dobbiamo chiedere la foto a Steve, dobb...

- entrata di Brian nel mio campo visivo

- totale azzeramento di qualsiasi altra funzione vitale

- unico istitno rimasto: gravitare intorno a Brian.

Che poi non è che facessi chissà che, firme a parte. Solo dovevo fissarlo e seguirlo.

E poi cazzo, Brian ti guarda in faccia quando ti fa gli autografi. Tutte le cazzo di volte c'è stato un momento in cui dopo aver preso il pennarello ha alzato lo sguardo per vedere a chi stava firmando. Ok, non è niente di strano, non sarà né il primo né l'unico che guarda anche le persone e non solo le cose da firmare come fanno molti, però cazzo, Brian che mi guarda in faccia a venti centimetri di distanza è una di quelle cose a cui non ero preparata.

*mette in conto duemila euro da investire in psicoterapia a breve*

E se adesso Virgin non mi metteva TMF era pure meglio.

E niente, la fase immediatamente successiva è stata quella dello sguardo ebete e del continuo ripetere alla socia ma era lìììììììì.

Ora sono in fase non-mi-interesserà-mai-più-niente-in-vita-mia, nulla-ha-più-senso, e così via.

Stamattina ho avuto la brillante idea di metter su Bosco per trovarmi accasciata e priva di qualsiasi motivazione per muovermi.

Più o meno da ieri sera sono in fissa con A Million Little Pieces e la cosa non necessita di commenti.

Negli intervalli, Exit Wounds come se non ci fosse un domani.

Confido che il mio organismo prima o poi metabolizzerà il tutto e tornerò a sembrare una persona normale, almeno ad un primo sguardo superficiale, ma per adesso oscillo tra esaltazione, rincoglionimento e prostrazione.

Poi.

L'intervento a Quelli che il Calcio


 

 
Facciamo finta di non avere né visto né sentito l'ennesima domanda sulla questione Sanremo.

Facciamo aaaaaawww tutti insieme su I'm gonna break your heart.

Mi auguro che Savino abbia almeno avuto il buon gusto di diventare gay dopo una cosa del genere.

Facciamo aaaaaawww tutti insieme per le facce di Fiona.


 
E ancora.

Lunedì 30 le tre erano a radio Deejay da Nikki a Tropical Pizza.
 

 
Niente di nuovo ma comunque è venuta fuori una cosetta simpatica - non riesco a trovare un link completo.

Sapere che Stef si è comprato una 500 e la domanda sulla patente di Brian valgono tutta l'intervista.

Per la cronaca, nonostante gli scrupolosi passaggi nei dintorni, lunedì non ha portato incontri perché sono entrati e usciti in macchina.

Scena bonus dopo i titoli di coda

Ultimo piano del parcheggio - tetto dell'edificio di radio Deejay

Tizio qualsiasi uscito dalla radio - ma chi c'è dentro (alla radio ndr)

Autista di una delle due auto dei Placebo - i Placebo, perché?

Tizio - perché ci sono due tizie sulle scale

Autista - *una delle risate più sentite dell'ultimo decennio*

Cambio inquadratura

Due tizie che scendono precipitosamente le scale del parcheggio cercando di non rotolare dalle risate a loro volta.

Fine della scena bonus

Riprendono i titoli di coda

No, davvero, devo finire questo post. Non riesco a mollarlo perché ho paura di quando i ricordi non saranno più così vividi. Di quando cominceranno ad assumere quella sfumatura vaga delle cose che non sai se hai sognato o vissuto davvero. Di quando la mente comincerà a tappare i buchi con immagini false e più sfocate.

Tengo strette le sensazioni. Le imprigiono nelle parole per non farle scappare.

E questo è sicuramente uno dei post più sinceramente emotionally e forse anche più immature che sia comparso qui sopra.

But now I fear I've lost my spark
No more glowing in the dark for
My heart.




 
 

lunedì 23 settembre 2013

Now my mistakes are hunting me

Ci hanno fatto aspettare.
Per essere precisi ci hanno fatto aspettare 4 anni, 3 mesi e 8 giorni.
Però com'è che si dice in questi casi? Ne è valsa la pena, ecco.
Ragazzi, se prendendovi un po' di tempo in più tirate fuori tutte le volte un album così, prego, fate con comodo.
Si, vabbè, si fa per dire eh, che qui se il fandom non fa un po' pressione il prossimo album ce lo ritroviamo per i cinquant'anni del Molko.
Anyway, arriviamo al punto.
Dopo quasi una settimana di ascolti compulsivi sono quasi in grado di parlarne.
Prima di tutto. My baby.



 


 
 


E sì, la sorte, gli dei, i Tommyknockers, il culo tutti insieme hanno unito gli sforzi e mi è arrivata una delle 1000 copie autografate.
Il che mi ha causato un mezzo infarto e una certa fissità dello sguardo per le ore successive alla scoperta.

Per amor di onestà va detto, avevo delle perplessità. E dei timori. Legati principalmente

a) ai colori della cover - che resta tuttora quella che mi piace di meno tra tutte le loro, meno ancora di Battle for the Sun, che forse era sciatta ma almeno non era mezza fucsia, e

b) alla presenza sospetta di quel fastidioso Love che in una forma o nell'altra imperversa in buona parte delle nuove uscite di quest'anno.

Va anche detto però che la mia inquietudine è considerevolmente diminuita quando sono entrati in fase di lancio vero e proprio e han cominciato a rilasciare dettagliate interviste su temi e contenuti, fino all'ultimissimo periodo pre-uscita in cui hanno postato i teaser dei video di quasi tutte le tracce.

Di sicuro questo è stato il miglior lancio di un album che abbiano mai fatto. A parte qualche traballamento e qualche ritardo - più o meno fisiologico (dai Ant, non è sempre tutta colpa tua, è che sei quello con cui è più facile prendersela), l'hanno organizzato proprio bene. Con tanto di culmine, la serata dell'uscita, con quasi due ore di diretta in streaming dagli sudi di YouTube, collegamenti con Los Angeles e Tokyo, interviste, momenti divertenti, 8 tracce live, contest con premi (tra cui una delle prime Fender di Brian autografata sul momento, sigh), collegamenti in diretta con i fans e veramente un sacco di materiale interessante.

Davvero, non avrebbe potuto riuscirgli meglio.

Quanto all'album di per sé, è buono in un modo che forse non ritenevo più possibile. Forse, più o meno consciamente, mi ero rassegnata all'idea dei Placebo di Battle for the Sun, della filosofia dell'adattamento, della virata pop - non tanto nelle melodie quanto piuttosto nell'atteggiamento di fondo. Mi ero forse rassegnata più di quanto mi piacesse ammettere a questo nuovo Brian che sbandierava fiero in giro il suo passato tossico/alcolico per poter dire guardate, ne sono uscito. Mi ero forse rassegnata più di quanto pensassi all'idea che i Placebo non erano più quei Placebo. Che da un lato ci sta anche, l'evoluzione è un bene, per carità. Se adesso avessimo ancora sul palco il Molko quarantenne che lancia via il microfono stizzito e disperato (e fatto) sulla fine di My Sweet Prince o che piazza fuck a destra e a manca perché fa-troppo-rockstar (quella fase che, per inciso, il Bellamy non ha ancora superato), ecco, se sul palco ci fosse ancora quel Brian lì, probabilmente io starei ugualmente scrivendo la recensione del loro ultimo album - una fangirl è pur sempre una fangirl eccheccazzo - ma sarei comunque in qualche modo consapevole del processo di fossilizzazione in atto.

Non si può fare il poeta maledetto a vita, a un certo punto bisogna andare da qualche parte, e su questo il Molko di BFTS ci aveva anche preso.

Solo, pareva che questa nuova direzione fosse davvero un po' troppo...hem hem...solare.

Con Loud Like Love i Placebo tornano in tutti i sensi in cui si può tornare. Tornano ad essere musicalmente vicini alle loro origini e al tempo stesso tirano fuori un album che ha la bellezza struggente di Meds - che per me rimane il loro capolavoro assoluto - e l'unità interna di uno Sleeping Whit Ghosts.

Se in BFTS si rifletteva tutta l'esaltazione - forse un po' forzata - per essere in qualche modo sopravvissuti, ora arriva il momento di fare i conti con i propri fantasmi. Qui più che in qualsiasi altro album Brian pare aver sperimentato cosa vuol dire vivere con i fantasmi. Quelli del proprio passato, ma soprattutto quelli del proprio senso di colpa. E' il principio per cui non basta semplicemente smettere di comportarsi male. La parte difficile arriva quando devi imparare a convivere con la consapevolezza di essere stato in grado di compiere certe azioni, quando prendi coscienza di quanto in basso era il fondo che sei riuscito a raggiungere.

Loud Like Love è un album che parte con una carica di energia inaspettata, con il brano omonimo dalla struttura casuale e dal ritmo che ti entra in testa e che sembra fatto apposta per aprire i live per farti cominciare a saltare, ma è un album tutt'altro che leggero.
 

E' una lenta discesa nelle profondità delle dinamiche che si instaurano nei rapporti. Con un partner ma anche con se stessi.

Se Scene of the crime - forse un po' tamarra ma con quel retrogusto anni Ottanta che fa perdonare anche la tamarria - segue la carica della traccia precedente ed è effettivamente potente, Too Many Friends - singolo di lancio, video di Saman Kesh in collaborazione (ahimè - questa non gliel'ho ancora perdonata) con Bret Easton Ellis - nonostante l'inizio ironico del My computer thinks I'm gay, sposta già leggermente l'asse melodico su un piano più malinconico. E se sulla tematica dei social network non si trova poi chissà che di originale da dire, resta sicuramente un brano sincero.

E comunque il video è davvero ben fatto.
 



Con Hold On To Me siamo catapultati nel mezzo di quel dialogo continuo di Brian con se stesso, nella sua continua ricerca di un equilibrio interiore, nelle sue domande di senso. La struttura di Hold On è molto complessa e termina con un parlato che fa apprezzare una versione insolitamente bassa della voce di Brian. Peccato che proprio questa parte parlata sia il maggior ostacolo al fatto che la inseriscano in setlist dal vivo.

E' un processo di trasformazione costante ed tutto molto più collegato di quanto non sembri.

Se Meds si chiudeva con la suicide note di Song to Say Goodbye con la quale Brian diceva definitivamente addio a quell'altro se stesso che era, per così dire, la sua metà oscura, e se con BFTS, torna apparentemente libero da quell'ombra - e ci mette talmente tanta energia nel cercare di convincere tutti da rendere palese il fatto che l'impresa più ardua è convincere se stesso -, ora viene a patti col fatto che quell'ombra a cui ha cercato di dire addio se la porterà dietro per sempre.

A Million Little Pieces è uno dei testi più dolorosi dell'album, e uno dei più dolorosi che lui abbia mai scritto.

In quel now my mistakes are hunting me e in quel all my dreaming torn in pieces c'è il nucleo doloroso di ciò che lo spinge. E c'è molto dello spirito dell'album.

In mezzo c'è Rob the Bank, voce leggermente distorta, testo non particolarmente complesso e struttura forse un po' scontata ma comunque un buon pezzo.

Exit Wounds. Al momento la mia preferita.

Quando uscì la tracklist dissi che quella era una canzone per la quale ero andata in fissa prima ancora di sentirla. Non poteva essere altrimenti, con quel titolo. Anche solo il titolo fa male. Ed è geniale.

E' la gelosia che ti fa impazzire. E' il dolore fisico dell'assenza. E' pioggia torrenziale. Sono urla che si perdono dentro i tuoni. Sono le notti che non passano, quelle cattive, e i ricordi che si preferirebbe non avere. Voce molto bassa di Brian nella prima strofa. Ritornello che esplode e che sembra voglia trascinare via tutto. Exit Wounds è disperata e bellissima.

Purify arriva ad allentare un po' la tensione. Subito l'ho un po' snobbata, definendola la bonus track dell'EP B3 - e in effetti come stile ci sta - la socia l'ha definita la versione riuscita di B3 e a pensarci bene anche quello ci sta - però non è niente male neanche lei.

Sicuro che è un brano da pogo, ma ho intenzione di essere talmente davanti il 23 novembre che confido che non me ne accorgerò neanche.

Begin The End con il suo ritmo cadenzato, lento e ossessivo rende bene l'atmosfera soffocante di una fine senza possibilità di appello. Di un dolore inflitto per mancanza di una reale scelta. Quando ferire diventa una questione di sopravvivenza.

E poi arriva quello che Brian stesso ha definito il brano più personale che abbia mai scritto. Quello che lo vede più vulnerabile in assoluto. E che - aggiungo io - per questo probabilmente non lo si vedrà mai dal vivo.

Bosco - il titolo è casuale - è rivolta ad una persona in particolare e probabilmente agli anni in cui lui era prossimo a toccare il fondo.

E' una di quelle cose così oneste da far male.

Una di quelle cose che mi ricordano perché amo questa band da sempre e perché continuerò ad amarla.

Stef al pianoforte, il meraviglioso violino di Fiona, un testo tra i più belli che Brian abbia mai scritto fanno di Bosco un vero e proprio gioiello che chiude l'album con un senso di profonda malinconia e immensa bellezza.

In generale hanno usato molto il piano - cosa di cui io mi rallegro tantissimo. Brian si dev'essere accorto che Stef  lo sa suonare e ne ha approfittato.

Molta elettronica. No, meglio. Non molta elettronica di per sé ma molta rispetto ai loro standard.

E molti anni Ottanta. Che saltano fuori un po' ovunque a tradimento.

LLL è un album curato in modo maniacale in ogni dettaglio. Si legge un enorme studio dietro ogni canzone sia dal punto di vista stilistico sia nei contenuti. E' un album che - come ha più volte dichiarato Brian in varie interviste - racchiude tutto quello che loro sono e sono stati in questi ultimi vent'anni.