venerdì 22 maggio 2015

You never get caught in the rain - Placebo - Arena di Verona 20.05.2015

No, alla fine non ha piovuto.
Penso sia stato uno dei loro concerti più belli, tra quelli che ho visto.
 













 

Setlist:

B3
For What It's Worth
Loud Like Love
Every You Every Me
Scene of the Crime
A Million Little Pieces
Black-Eyed
Twenty Years
Too Many Friends
Special Needs
One of a Kind
Space Monkey
Exit Wounds
Meds
Song to Say Goodbye
Special K
The Bitter End


Encore:

Teenage Angst
Running Up That Hill (A Deal with God)
(Kate Bush cover)
Post Blue
Infra-red


 

mercoledì 18 febbraio 2015

Pure Morning

 
Parole strozzate in gola.
Tanto per cambiare.
Cosa c'è che non va?
Cosa cazzo c'è, adesso, che non va?!
Se solo lo specchio la smettesse di urlarmi addosso.
Non c'è niente che non va.
Davvero.
Sorriso di plastica.
Banale quanto le parole per dirlo.
Le parole sono solo parole.
Non possono nulla.
Sono solo segni su uno schermo.
Segnali acustici in mezzo ad altri segnali acustici.
Rumore su altro rumore.
Interferenze nel pensiero.
Quello che dico non sarà mai quello che penso.
Per quanto mi sforzi di essere fedele.
Mancheranno sempre i colori.
C'è qualcosa che si perde nel passaggio e comincio a credere che sia il senso.
Mattina.
Cammino veloce per strada.
Non sono in ritardo, ma è più forte di me, non riesco ad andare lenta.
Sono minuti preziosi comunque, quelli che guadagno arrivando presto dove devo arrivare.
Ma è veramente così o è solo un altro degli schemi mentali che ci vengono imposti nel corso di lunghi anni di addestramento all'uniformità?
L'illusione di avere più tempo.
Ma più tempo per cosa?
Quando la maggior parte delle tue energie vitali, mentali e creative viene risucchiata dall'insensato meccanismo di necessità fittizie in cui comunque sei finito incastrato.
Quando la parte viva del tuo tempo viene sacrificata sull'altare di un contesto che esige fette sempre più grosse della tua esistenza.
Quando il tempo che ti rimane è stato sistematicamente prosciugato di ogni potenzialità.
Decidi che è troppo.
Butti tutto all'aria.
Dai fuoco a tutto e ricominci da capo.
Ma quanto vantaggio puoi guadagnare prima che ti raggiunga di nuovo la schiacciante sensazione di una mancanza di senso?
Poco.
Sempre troppo poco.
Non c'è una reale via di fuga.
Ci dev'essere, da qualche parte, un modo per far quadrare il tutto.
Un modo per avere una visione d'insieme e, soprattutto un modo per capirla.
Ci dev'essere per forza.
Solo non l'ho ancora trovato.
Retrogusto di caffè.
Radio in sottofondo.
Luce che filtra dalle tende.
Non ha ancora deciso che tipo di giornata vuole essere.
Sole che, quando esce, promette già primavera ma non ha ancora voglia di impegnarsi seriamente.
Un calendario buffo appeso alla parete.
Un poster della mostra del 2009 su De Andrè.
Qualche citazione ricopiata e appiccicata.
Appunti.
Promemoria.
Roba di lavoro.
Pareti gialle.
Sfondo del desktop con un'immagine di Assassins Creed.
Non posso restare ferma a guardare davanti a me perché viene interpretato come un invito alla chiacchiera e mi viene riversato addosso qualcosa di cui non mi frega assolutamente un cazzo.
Annuisco.
Sono in una bolla.
Le voci mi arrivano ovattate.
E' tutto lontano.
Irreale.
Non finisce mai di sconvolgermi la naturalezza con cui la maggior parte delle persone infligge agli altri la propria esistenza.
Un continuo riversare sugli altri le proprie miserie quotidiane.
Qualcosa ti ha fatto credere che io avessi voglia di ascoltare il resoconto della tua serata?
E, se sì, cosa?
Biglietti colorati.
Telefono che squilla.
Certo.
Grazie.
Arrivederci.
Pensiero altrove.
Dev'esserci una chiave di lettura.
Ad un certo punto devo essermi distratta.
Dev' essermi persa qualcosa di fondamentale.
Smettila di guardarmi.
Davvero.
Non c'è niente che non va.



giovedì 29 gennaio 2015

Grew Up at Midnight

 

Sono ancora qui.

Immobile.

In attesa di un segnale che, ora lo so, non arriverà mai.

Orgoglio.

Stupidità.

Entrambe le cose.

O forse solo l'idiota voracità di un tempo che inghiotte compulsivamente porzioni sempre più grosse di possibilità.

Mi concedo un ultimo tentativo. Di raggiungerti.

Me lo concedo di nascosto da tutti. Soprattutto di nascosto dai miei occhi. Altrimenti so che non potrei più guardare il loro riflesso nello specchio.

Le riserve di odio, rabbia, rancore sono sempre più esigue e la loro forza sta scomparendo. Ancora un poco. Se scavo ancora un poco, la superficie si spaccherà e mi troverò davanti l'enorme vuoto della tua assenza.

Posso scriverti. Il tuo indirizzo e-mail è sempre lì.

Posso chiamarti. Il tuo numero è sempre al suo posto nell'alfabeto del mio telefono.

Ma l'unica cosa che riesco a fare è lanciare una manciata di parole sconnesse nel caos dell'etere, sapendo perfettamente che le probabilità che ti arrivino sono davvero infinitesimali.

Potrei urlare che mi manchi. Potrei gridare il tuo nome fino a farmi sanguinare la voce. Forse sarebbe più facile che mi sentissi.

Ma poi mi dico che non devo barare.

In qualche modo mi troverai.

L'unica cosa che mi è concessa è scrivere tutte le notti.

Sempre da mezzanotte alle due, in quel territorio sospeso di desideri troppo vicini e confessioni troppo oneste in cui abbiamo coltivato quell'essere fragile che assomigliava tanto ad un noi.

Un essere cresciuto di notte e che di notte si credeva invincibile.

Una creatura cresciuta di notte, quando si ha l'illusione che la sincerità non abbia un prezzo.

Una creatura cresciuta di notte, che non è sopravvissuta alla prima luce dell'alba.

mercoledì 28 gennaio 2015

You're the monkey I got on my back that tells me to shine



Monkey - Ti rendi vagamente conto che siamo alla fine di gennaio?

Me - E quindi?


Monkey - E quindi potevi aspettare ancora un po' per farti sentire...

Me - No. In effetti no. Non mi andava di aspettare ancora.

Monkey - Tu e l'ironia - due realtà incompatibili.

Me - Ho sempre pensato che l'ironia dovesse essere sottile per essere tale.

Monkey - Stai per caso cercando di cambiare argomento?

Me - Perché, c'è un argomento? Non mi pare di vedere un vero argomento qua sopra almeno dalla scorsa estate. E con le dovute riserve.

Monkey - Puoi anche levarti questo tono risentito. Non sono io che ci scrivo, qua sopra.

Me - Ultimamente neanch'io.

Monkey - L'avevo notato.

Me - -----

Monkey - ...quindi?

Me - Quindi che?

Monkey - Cosa intendi fare?

Me - In che senso?

Monkey - Cosa intendi fare qui sopra. Sei qui? Non sei qui? Cosa stiamo facendo?

Me - Non lo so. Non l'ho mai saputo fin dall'inizio.

Monkey - Bugiarda.

Me - Cosa?

Monkey - Sei una bugiarda. Patologicamente e pateticamente bugiarda.

Me - Come ti permetti? E poi tu che ne sai? Sei solo una scimmia del cazzo.

Monkey - So esattamente quello che sai anche tu. E quindi so più di quanto ti piaccia ammettere di sapere.

Me - Non so di cosa parli.

Monkey - Sì che lo sai.

Me - No.

Monkey - Possiamo cercare di avere un approccio un po' più costruttivo?

Me - E quindi?

Monkey - E quindi non è vero che all'inizio non sapevi cosa stavi facendo. Lo sapevi perfettamente. Come sapevi quali erano i motivi che ti hanno spinto ad aprirlo, questo posto. E non mi rispondere Brian perché ti sparo affanculo anche se sono solo una scimmia.

Me - -----

Monkey - Ohi....

Me - ------

Monkey - Ci sei ancora?

Me - Dove vuoi che vada.

Monkey - Non lo so.

Me - Ma checcazzo...io non conoscerò il significato di ironia ma tu e le domande retoriche non siete messi poi tanto meglio eh.

Monkey - Lo stai facendo di nuovo.

Me - Cosa?

Monkey - Cerchi di svignartela.

Me - Non sono mica Gollum.

Monkey - No, certo. Il pesce crudo lo mangi con le bacchette.

Me - Poi sarei io quella che va fuori tema...

Monkey - Stiamo facendo addormentare tutti...

Me - Non è colpa nostra. E' tardi. E comunque al massimo è colpa tua che mi hai distratto con i tuoi rimproveri e mi hai bloccato l'inizio.

Monkey - Oh, certo. In realtà a me sembrava che stessi ciondolando sulla tastiera guardando qua là con un'espressione vacua, ma sicuramente mi sbaglio.

Me - Mi pare ovvio.

Monkey - Allora scusa. Come non detto. Fai conto che io non ci sia e ricomincia da capo. Vai col tuo inizio.

Me - -----

Monkey - Allora?

Me - Se fai così mi viene l'ansia da prestazione.

Monkey - Balle.

Me - Non sono balle!

Monkey - La realtà è che ti servo.

Me - E per cosa, se è lecito?

Monkey - Per parlare. Se non ci sono io a tirarti fuori le cose rimani lì a rimuginare senza concludere un tubo. Vuoi un consiglio?

Me - No. Ma immagino che tu me lo darai lo stesso.

Monkey - Ovvio. E il mio consiglio è: tienimi.

Me - Tenerti?

Monkey - Sulle tue spalle. Tanto sono leggera.

Me - Mah, su quello avrei qualcosa da ridire.

Monkey - E poi non mi devi dare da mangiare e sporco meno del gatto.

Me - Lascia stare il gatto.

Monkey - Era per dire.

Me - -----


Monkey - Allora?

Me - Però nel letto non ci dormi.

Monkey - E vabbè...

Me - Bene. Da dove cominciamo?

Monkey - Ormai è tardi per mettersi a parlare di chissà che. Potresti cominciare con le basi.

Me - E cioè?

Monkey - Potresti darmi un nome. Dato che starò in giro da queste parti per un po'...

Me - Perché? Non ce l'hai un nome?

Monkey - No. Sono la TUA scimmia...

Me - Ah. Ok. Frances. Ti piace?

Monkey - Come Frances McDormand?

Me - Ma come cazzo fai ad essere la mia scimmia e ad essere così ignorante? Al massimo come Frances Farmer.

Monkey - Mi piace.

Me - Cerca di non farmi dei casini.

Frances - E tu cerca di scrivere. E magari ogni tanto di finire anche quello che cominci...

Me - non si era detto che è tardi per cominciare a parlare seriamente di qualcosa?

Frances - Ok. Ma non credere di far passare un altro mese. Tanto io non me ne vado da qui.


Più di un mese di assenza e adesso questo? Sì, questo. Non so cosa farci. Per i reclami rivolgersi a Frances.