domenica 22 giugno 2014

Being so honest in my writing is cathartic (cit.). Brian, Milano and my last goodbyes.


Apro gli occhi. Mi alzo prima del solito. Prima che la sveglia suoni. Prima che qualcuno mi chiami.
Profumo di caffè, le fusa del gatto, rumori attutiti.
Uno zaino pronto ai piedi del letto. E' piccolo, ma mi serve solo il cambio di una notte e, in ogni caso, so che contiene più di quello che sarebbe strettamente necessario.


Se non si contano due transiti per la Stazione Centrale, l'ultima volta che sono stata a Milano risale al 29-30 settembre dell'altr'anno. L'ultima volta che sono stata a Milano ho visto Brian. L'ultima volta che sono stata a Milano c'era ancora qualcosa che adesso pretende di essere lasciato andare. E che non ha a che fare con Brian. Non direttamente, almeno.


Ho sempre pensato di non amare Milano. Perché è arrogante. Perché è ostile. Perché è un cliché.
Ci ho vissuto un anno, nel 2005. E ho finito col ritagliarmi una mia nicchia al suo interno. I miei percorsi. I miei rifugi. Ho finito con il legarmi a questa città con troppe scritte sui muri e troppi pochi alberi. Anche se ho realizzato la profondità di questo legame solo a distanza di anni. L'ho realizzata tornandoci l'anno scorso e rendendomi conto che mi era mancata. Che ritrovavo luci e strade che mi erano famigliari. Che ero contenta di ritrovarli. Che, in un certo senso, era un po' come ritornare in un pezzo di casa. Forse è stato perché l'anno che ci ho vissuto è stato un periodo di fuga. Un anno in cui il fatto che Milano per me fosse nuova e priva di ricordi mi ha tirato fuori dalle macerie di posti che di ricordi ne avevano anche troppi. Sicuramente questo aspetto ha avuto il suo peso. Non c'è niente di meglio di un posto senza passato quando il passato ti sta dando una caccia spietata.


E poi, più passa il tempo, più i collegamenti diventano chiari. La visione si allarga e il quadro d'insieme comincia ad acquistare forse non un senso, ma comunque una sua armonia. Ci sono infiniti legami tra gli eventi. Solo, nella maggior parte dei casi, non ce ne accorgiamo.


Sono ritornata a Milano per vedere Brian. Il che, visto in prospettiva, è stato un po' come ammettere questa città nel territorio di competenza del mio passato. Pezzi di tempi e di vita che collidono, si mescolano, si fondono. Qualcosa che lega indissolubilmente. Quel genere di cose che fanno dire alla gente "era destino". Era destino che incontrassi Brian proprio lì e proprio nelle condizioni in cui l'ho incontrato? Non lo so. Ma il tutto ha una sua logica perversa. 


Perché quello di cui continuo a non parlare è la bolla che si è creata in quei due giorni. Una bolla che ormai è esplosa, con tutto quello che si è portata dietro e con il tonfo colossale del mio culo che si è schiantato a terra, ma che, di fatto, è rimasta lì.
Congelata in due giorni grigi di un settembre qualsiasi a Milano.
Due giorni di convergenza.
Di pezzi di passato, presente e futuro che per un breve momento sono riusciti a coesistere senza bruciare tutto.
Di che cazzo sto parlando?
Sostanzialmente di ricordi.
Di niente.
La cosa buffa è che, di solito, quando penso di essermi esposta troppo, di essere stata troppo esplicita, finisco con lo scoprire di essermi invece nascosta ancora più a fondo.
Immagino che, in parte, dipenda dal fatto che le persone tendono a vedere prevalentemente se stesse nelle parole degli altri. E difficilmente riescono ad ascoltare una storia per quello che è.
E in ogni caso, le poche persone che potrebbero davvero decifrare tutti i riferimenti non credo che passeranno da qui.
Ma le storie rimangono attaccate alle ossa, alla pelle, alla carne. Così come i ricordi. E le persone.
E arriva il momento di lasciarle andare, prima che divorino tutto.
Tra un mese esatto tornerò a Milano.
Ci tornerò per il concerto dei Placebo.
Ci tornerò per Brian. Sostanzialmente.
E ci tornerò per la prima volta dopo l'esplosione.
Sarà il mio primo tour tra le macerie di quello che è bruciato da settembre ad oggi.
Ci tornerò da sola ma è una cosa che devo fare per poter andare avanti.

Ci tornerò da sola perché è così che si affrontano i fantasmi.
Ci tornerò da sola e sarà un addio. Un requiem per un ricordo che non posso più tenermi.
Forse sarà più facile del previsto. Forse farà male. Forse mi sentirò sollevata. Forse mi sentirò libera come ci si sente solo dopo aver accettato di aver perso qualcosa.
E ancora una volta mi aggrapperò alla voce di Brian come non mi succedeva più da anni.
E ha veramente senso che sia lui a fare da catalizzatore per questa resa dei conti.
E che tutto questo capiti il 22 luglio.
Ancora i collegamenti.
C'è una logica crudele che armonizza le parti discordanti.
Resto ferma. Non posso fare altro che aspettare. Aspettare di essere investita da quello che deve arrivare. Perdono? Rivalsa? Redenzione?
Non lo so.
Non so cosa succederà. Non so se saranno urla o se sarà silenzio.
Ma so che sarà un addio.
E dopo potrò ricominciare.

Fuck what you know. You need to forget about what you know, that's your problem. Forget about what you think you know about life, about friendship, and especially about you and me.
(Fight Club).

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